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Caro governo, ti scrivo, così ti sollecito un po’…

Da poche settimane ci siamo lasciati alle spalle un anno, il 2023, che ha visto il completamento del percorso di ripresa economica dopo i danni della pandemia da covid.

Molti settori sono ripartiti e, in diversi casi, la rinascita ha coinciso con un processo di evoluzione che ha persino reso più innovative e competitive le aziende capaci di trasformare la difficoltà in una occasione di rilancio.

Con qualche timore e tante speranze siamo quindi arrivati ad un 2024 che, contrariamente ad aspettative e promesse, sta partendo piuttosto a rilento. Lungi dal voler dare giudizi politici, tuttavia non possiamo ignorare il bisogno di strumenti che le aziende (soprattutto del sud) chiedono, e che la politica tarda ad offrire.

Si sapeva che il nuovo anno avrebbe portato diversi cambiamenti nel modello di incentivi e agevolazioni a disposizione ed è stato anche annunciato (con annessa legge delega pubblicata in Gazzetta il 15 novembre) un nuovo Codice degli incentivi alle imprese, per semplificare, ma anche ridefinire, le modalità di accesso alle tante misure agevolative, le quali spesso, pur contribuendo a creare opportunità di crescita, hanno generato storture e abusi che certamente andavano contrastati.

Ora però, il tempo scorre inesorabile, e il primo mese del 2024 si è già consumato senza indicazioni chiare. C’è una ZES Unica che è stata acclamata come principale novità di stimolo per le imprese del Mezzogiorno ma ancora è ferma al palo, perché non è stato emanato il decreto attuativo! Le agevolazioni legate al piano Transizione 4.0 sono state drasticamente depotenziate (ma questo era già noto e previsto) mentre delle iniziative per la Transizione 5.0 non c’è traccia, se non in qualche proclama che non ha ancora avuto seguito. Numerose poi sono le proposte che possono creare nuove opportunità di investimento (e di assunzioni) per le quali si aspettano lumi: dal credito di imposta per la formazione digitale (defunta nel 2022 nonostante diverse promesse di rilancio) agli incentivi per gli impianti fotovoltaici, dal Fondo nazionale del Made in Italy agli strumenti per la nascita di nuove imprese, lo sviluppo di quelle esistenti, dai contributi per turismo e agricoltura alla realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo. Di queste e di altre misure c’è (pressante) bisogno perché rappresentano quel volano necessario a dare continuità ad una ripresa che, in assenza di sostegno, rischia di arrestarsi drasticamente. Occorre fare in fretta e dare alle aziende la possibilità di programmare investimenti che accrescono la loro competitività, alimentano l’indotto, incrementano l’occupazione e favoriscono l’internazionalizzazione! Ogni giorno perso rende più povere le imprese e le famiglie e, più in generale, il “prodotto Italia” nel mercato globale e questo, proprio dal primo governo che ha istituito un Ministero per il Made in Italy, appare un ossimoro che è fondamentale debellare urgentemente.

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